Nella sospensione del momento, Signore e Signori, ecco a voi una dolce novità per tante persone, me compresa, ovvero (rullo di tamburi) quella di poter dormire. E, di conseguenza, di catapultarsi nel surreale - meraviglioso - sorprendente - a volte sconvolgentemente assurdo addirittura un po’ troppo stravagante talmente vero spaventoso che ti sembra di cadere e ti svegli di soprassalto con un gemito annaspante pensando che sia successo davvero quindi ti senti spaesato ma poi ti accorgi che sei nel letto allora fai aaaah - mondo dei sogni. Che bellezza.
Nella mia testa si affollano tanti punti interrogativi, ed eccomi subito immersa in vecchi articoli e spunti di lettura.
<<I sogni, sappiamo, sono davvero strani: qualcosa magari ci appare straordinariamente chiara, minuziosa come la cesellatura di un orafo, su altre invece si passa sopra senza notarle neppure come ad esempio lo spazio ed il tempo. Credo che i sogni nascano non dalla ragione, ma dal desiderio, non dalla testa, ma dal cuore, anche se la mia ragione in sogno si è esibita qualche volta in ingegnosi voli non da poco[1].>>
Provando a figurarsi per un istante i sorprendenti voli di cui parla Dostoevskij, una delle prime caratteristiche che viene in mente riguarda di certo l’ambiguità tipica di quello che chiamiamo mondo dei sogni, tendenzialmente percepito come un mondo a parte da quello della realtà quotidiana in cui viviamo. A chi non è mai capitato, però, che un fatto - o piuttosto una rivelazione – verificatosi nella notte, sia tornato utile alla risoluzione di determinati problemi reali o all’ideazione di qualcosa di creativo, o che, in ogni caso, non sia stato semplicemente una rappresentazioni illogica e caotica atta a rendere più piacevole o sgradevole il sonno? Anche se non esiste una definizione universalmente accettata, possiamo definire il sognare come un’esperienza mentale che ha luogo durante il sonno, caratterizzata da immagini allucinatorie prevalentemente visive, ma anche uditive, da elementi bizzarri dovuti a distorsioni spazio-temporali e dalla illusoria accettazione di tali fenomeni come reali al momento del verificarsi. Non necessariamente a queste caratteristiche proprietà formali del sogno si associano forti emozioni. Il successivo ricordo di tali eventi coscienti è invariabilmente scarso, a meno che si verifichi un immediato risveglio dal sonno. Nella nostra cultura, sognare ed essere svegli sono considerate due dimensioni assolutamente separate, due condizioni distinte di esperienza dove l’una esclude l’altra: se la prima possiamo associarla alla parte immaginativa ed irreale dell’esistenza, la seconda, invece, viene intesa come quella effettivamente reale poiché determinata dalla consapevolezza e dai cinque sensi. Quello che trovo affascinante, è leggere di chi la pensa all’opposto. Esiste una letteratura molto vasta che si sta sviluppando in particolar modo negli Stati Uniti, oltre ad alcune tradizioni molto antiche, in cui viene presa in esame la possibilità che si possa sognare ed essere svegli - e presenti a se stessi - nello stesso momento. Nel tempo, sono anche state sviluppate tecniche adatte a sviluppare questo particolare stato di coscienza, che nella letteratura scientifica viene chiamato sogno lucido[2]. Questo universo apparentemente oggettivo è una creazione delle nostre menti, una soggettiva e transitoria produzione che noi creiamo. Per il grande filosofo taoista Chuang-Tzu il sognatore “mentre sta sognando non sa che si tratta di un sogno […]. Solo dopo che si sarà svegliato saprà che si trattava proprio [di questo]. Un giorno egli avrà un grande risveglio e si accorgerà che tutto ciò è un grande sogno.” Nel Buddhismo tibetano c’è un tipo di letteratura chiamata milamgyi terdzod, che letteralmente significa tesori dei sogni. Secondo la tradizione tibetana dello Dzogche (o grande perfezione), che rappresenta il più alto e definitivo percorso verso l’illuminazione e lo stato primordiale, la chiave del lavoro sul sogno è lo sviluppo di una maggiore consapevolezza nello stato onirico. Lo yoga tibetano del sogno cerca di raggiungere la mente nella sua condizione più pura: alcuni grandi maestri di questa pratica molto antica affermano che, nel momento in cui la consapevolezza diviene assoluta, i sogni cessano del tutto e, al loro posto, si manifesta una chiarezza indescrivibile e libera di qualsiasi coinvolgimento o manifestazione della mente (per questo si parla di sogno di chiarezza), che permetterà di accedere a conoscenze e realizzazioni molto profonde.
Facendo un salto avanti, in un passato più recente, negli anni Settanta, due ricercatori hanno fornito prove sperimentali del sogno cosciente. Lavorando indipendentemente e piuttosto sconosciuti l’uno all’altro, Alan Worsley in gran Bretagna e Stephen LaBerge in California, hanno imparato a sognare lucidamente, conducendo diverse esperienze in prima persona. LaBerge, in particolare, oltre ad aver dimostrato l’esistenza del sogno lucido, ha determinato una rivoluzione nella metodologia delle ricerche sul sogno in generale. Agli inizi del 1978, mentre veniva monitorato elettrofisiologicamente in un apposito laboratorio del sonno, portò a termine il primo esperimento che dimostrava la possibilità di poter comunicare in tempo reale dal mondo dei sogni al nostro, attraverso il signal-verified lucid dream, ovvero un sogno nel quale il soggetto, divenuto consapevole di stare sognando, invia un segnale all’esterno attraverso una sequenza prestabilita di movimenti oculari. Attraverso il monitoraggio dell’elettroencefalogramma, il tracciato dei movimenti oculari del sonno REM (Rapid Eye Movement), caratteristico della fase in cui avvengono di solito i sogni, è l’unica parte del corpo in grado di muoversi durante il sonno – nella quale il resto del corpo è effettivamente immobilizzato - e quindi di poter mandare un messaggio direttamente al nostro mondo. Nel sogno cosciente si ha la consapevolezza di possedere due corpi, ovvero il corpo fisico, addormentato in una determinata posizione, e il corpo del sogno, attivo, con occhi, mani, una bocca che parla e agisce in modo chiaro. È possibile, allora, parlare di un’altra realtà? Indagando ancora fra gli scritti di LaBerge trovo che, oltre ad avere delle prove sulla soggettiva realtà del sogno, ci sono <<diversi fenomeni enigmatici che sembrano far nascere la possibilità che – almeno in alcune circostanze – il mondo dei sogni possa essere effettivamente parzialmente reale. Uno di questi, è la sconcertante esperienza […] di abbandono del corpo[3]>>, ovvero quell’esperienza in cui le persone hanno la sensazione reale di abbandonare il loro corpo fisico e di vederlo letteralmente “dal di fuori”. Ma non è tutto. Considerando il fatto che il primo criterio per stabilire l’oggettività è che un’esperienza sia condivisa da più di una persona, i cosiddetti sogni in comune – ovvero sogni apparentemente condivisi da due o più persone – sembrano segnare un punto a favore della realtà dei sogni[4]. Dopo essermi persa nei discorsi tra soggettività e oggettività, percezioni extra sensoriali e spazio/tempo, a questo punto mi domando se sia possibile allenarsi ad avere volontariamente queste esperienze: se non posso compiere grandi spostamenti nella vita quotidiana, magari posso soddisfare la mia incessante voglia di viaggiare, in un altro stato di coscienza! Passiamo allora dalla California al Messico.
Lo scrittore ed antropologo Carlos Castañeda ha pubblicato una serie di libri sul suo apprendistato con uno stregone, don Juan Matus, il quale gli ha insegnato la stregoneria; con questo termine, non si vuole intendere l’uso sull’uomo di poteri che travalicano l’umano o l’evocazione di spiriti con incantesimi e quant’altro, ma l’atto di incarnare alcune speciali premesse teoriche e pratiche sulla natura, e il ruolo della percezione nel plasmare l’universo intorno a noi. La più importante arte magica a cui Castañeda è stato iniziato è quella chiamata l’Arte del Sognare che, per gli sciamani, non è soltanto fantasticare, desiderare o immaginare; con il Sognare si possono percepire nuovi mondi che possono essere descritti accuratamente, ma non si riesce a descrivere quello che li fa percepire. Il Sognare dei Toltechi è facile e difficile allo stesso tempo: si inizia con l’intento di diventare coscienti, durante il sogno, del fatto che si sta sognando. Per ottenere questa consapevolezza, gli sciamani sono soliti servirsi di diversi espedienti, come ad esempio seguire coscientemente il momento in cui si addormentano, oppure ripetersi mentalmente con forza l’intento di osservare le proprie mani una volta iniziato il sogno. Dopo molto allenamento, e dopo aver accumulato sufficiente energia, è possibile sperimentare quel tipo di sogno nel quale si può agire e prendere decisioni esattamente come nella vita quotidiana, senza tuttavia essere vincolati agli stessi limiti o leggi della fisica, ed essendo contemporaneamente cosciente del fatto che il proprio corpo è steso sul letto che dorme. Gli stregoni dell’antico Messico non si limitarono, però, a dei semplici sogni lucidi ma, attraverso continui perfezionamenti, arrivarono a sviluppare uno speciale tipo di attenzione – che Castañeda chiama seconda attenzione - che permise loro di mantenere ferme ed osservare intensamente, a seconda della propria volontà, le immagini del sogno. Arrivarono a scoprire, fra l’altro, che la maggior parte delle loro esplorazioni oniriche avvenivano in luoghi fantasma, intendo con questo termine degli spazi frutto solo della fantasia e della memoria, privi di una loro consistenza energetica. Aldilà del lungo e difficoltoso percorso per arrivare a questo tipo di attenzione, per raggiungere la consapevolezza assoluta che ti permette di essere pienamente cosciente di te stesso e del sogno, e degli esseri che incontri durante queste esplorazioni, mi chiedo perché sia così difficile accettare anche solo l’idea di quest’altra dimensione, che così descritta pare avere più di un paio di analogie con la nostra realtà quotidiana. Continuando la lettura di Castañeda mi soffermo su una mezza risposta:
<< Don Juan sosteneva che il nostro mondo, da noi ritenuto unico e assoluto, non era che una componente di un insieme di mondi consecutivi, disposti come gli strati di una cipolla. Asseriva che, nonostante la nostra condizione dal punto di vista dell’energia ci consentisse di percepire solo il nostro mondo, noi avevamo tuttavia la capacità di penetrare in quegli degli altri; e si trattava di mondi reali, unici, assoluti, e coinvolgenti quanto il nostro. Mi spiegò che, per poter percepire gli altri regni, non basta il desiderio ma è necessaria un’energia sufficiente ad afferrarli. La loro esistenza è costante e indipendente dalla nostra consapevolezza, disse, ma la loro inaccessibilità dipende interamente dal nostro condizionamento energetico, In altre parole, solo ed esclusivamente per quel condizionamento, noi siamo costretti ad assumere che il mondo della vita quotidiana sia in assoluto l’unico mondo possibile[5].>>
Nonostante mi sembri tutto piuttosto incredibile, nel mio scetticismo, mi sorprendo comunque a fantasticare su questa vaga possibilità che mi si apre davanti - come la porta di un infinito mondo senza confini.
Mi tuffo sotto le coperte.
In fondo, siamo liberi di scegliere dove andare.
Valentina Bosio
1. Feodor Dostoevskij, Il sogno di un uomo ridicolo, Roma, Newton Compton, 1995.
2. Per chiarezza, il primo ad aver utilizzato il termine sogno lucido è stato Frederik Willems van Eeden, psichiatra olandese e noto scrittore, il quale fu anche il primo a compiere la prima ricerca seria in questo campo (1913).
3. Stephen LaBerge, Lucid Dreaming: The power of being aware and awake in your dreams, Papaerback, 1998.
4. Stephen LaBerge, Ibidem.
5. Carlos Castañeda, L’arte di sognare, Milano, Rizzoli, 2000.
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