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  • Immagine del redattoreNouvelle Plague Teatro

#RadioGarofano: io la vedevo, dovevo



Lo scorso 25 aprile Nouvelle Plague ha dedicato una puntata speciale di RadioGarofano alla Festa della Liberazione e al compleanno del nostro podcast. Per questa doppia ricorrenza abbiamo voluto studiare un programma i cui contenuti non fossero di semplice celebrazione ma punti di partenza per una riflessione, mantenendoci fedeli allo spirito de La Voce che Resiste, rubrica centrale di RadioGarofano. Ne è risultata una trasmissione di circa un’ora, in cui testi di autori profondamente differenti per esperienza, origine, stile e – qualche volta – opinioni politiche hanno dialogato tra loro: accompagnati dalla selezione musicale e letti da vari interpreti (in due casi dagli stessi autori) questi testi hanno costruito un discorso attorno all’alterazione della memoria, all’oblio e alla riscrittura della realtà. Tra questi testi c’è io la vedevo, dovevo di Ivan Fantini: un libro che è un po’ romanzo, un po’ testimonianza, un po’ reportage onirico. Un testo che nasce da un incontro con un’immagine naturale e le memorie che questa ha fatto scaturire. Dice Fantini: « Nel bosco c’era un tronco sospeso, senza radici e senza chioma, sorretto da due rami di edera. Ho riconosciuto in quell’immagine il sostegno che le donne, nel tempo, hanno dato agli uomini, senza venire considerate. Ho scritto due parole: edera, edera. Ho voluto dare voce a mia nonna e a tutte le altre donne che lottarono per la libertà, che non vennero mai ricordate in nessun libro e che per giunta vennero presto disarmate e ricacciate in cucina come se niente fosse accaduto. Ho voluto saldare il mio debito. » Proponiamo qui di seguito la versione in lingua italiana degli estratti dialettali da io la vedevo, dovevo contenuti nel nostro RadioGarofano speciale 25 aprile 2021. Buona lettura e buon ascolto. devo dire delle cose che non si possono sentire, allora le scrivo per non star zitta. dove eravate voi quando mi infilavo nei buchi umidi e tortuosi che avevano le parteti che sembravano scaglie di rame? o nei buchi scuri e ruvidi? quando scavavo con le mani per allargarli fino a quando ci si poteva stare ritti? dove eravate, eh? eravate a berciare contro la puttana, la povera matta. dove eravate quando dentro quei buchi senza l’aria e con le puzze malate sono arrivati gli sfollati e i partigiani? eravate a berciare contro la puttana, la povera matta. allora adesso ve lo dico io cos’era stare dentro a quel buco, dove c’era il suono otturato che riempiva il buco, lo occupava, dove c’erano quegli ospiti forzati che avevano delle facce scure e dure come la stoppa, erano grigi, confusi, cercavano un riparo. tutti i giorni alle quattro della mattina davo la sveglia e il giorno era sempre sbiadito allo stesso modo qualunque fosse la stagione e attraverso le poche fessure si vedevano le sventagliate di fuoco tra la nebbia e non era immaginazione, lo spazio dentro al buco era stretto, una prigione con una porta piccola chiusa con i rami dell’edera, tutti i giorni era un brutto giorno, era una giornata color della seppia. tutti i giorni scostavo piano l’edera e annusavo l’aria, mi coprivo la testa col mio fazzoletto nero e m’incamminavo nascosta su e giù per i sentieri. strappavo tutto quel che si poteva mangiare: erbe, ghiande, bacche umide, sempre uguale, tutti i giorni. Riempivo il grembiule e poi tornavo al buco di nascosto. voi dove eravate? i giorni passavano tutti uguali, nessuno come il giorno prima, quello che succedeva a un partigiano un giorno succedeva a un altro il giorno dopo e poi il giorno dopo a un altro ancora. in quei giorni c’era un silenzio da non credere ma non c’era un filo d’aria pulita. io davo da mangiare a quei figli dentro le ciotole che prima adoperavo per i polli e che lì adoperavo per pulire e lavare le erbe e mi pareva che avessimo una dignità che ci faceva differenti ma a voi non vi ho mai visto. avevo il collo che doleva di continuo, le braccia scorticate, i piedi rotti e un fastidio che non finiva mai ma ho dovuto resistere per tutti quei mesi perché era chiaro che il tempo girava sempre dalla stessa parte. voi cosa avete fatto nel frattempo? voi dove eravate? dove eravate quando quelle facce comparivano piano piano in quello scuro e parevano svestirsi piano piano in quello scuro? io li vedevo uno dopo l’altro dietro quelle ombre con una meraviglia che mi faceva tristezza, abbassavo gli occhi e li abbracciavo. di ognuno sentivo l’odore ma facevano una puzza di fradicio selvatico e sentivo le costole che uscivano da sotto la pelle a furia di grattare sopra la magrezza. voi avete mai abbracciato uno di quei ragazzi? non pensarci neanche...

noi dentro la notte eravamo delle ombre sporche attaccate alla vita, ma che vita? dove? con chi? per cosa? i miei capelli erano un groviglio appiccicoso e nero di grasso e sangue, era per quello che mi chiamavate puttana? tutte le mattine i rovi mi rigavano la testa e la schiena, in quei sentieri scuri c’erano solo rovi, non c’era un po’ di luce, delle volte non c’era neanche un’erba, però c’erano i tedeschi e i fascisti e io mi dovevo fermar veloce per non esser vista, stavo ferma un sacco di tempo e pensavo che non avevo niente da portare a quei disgraziati nel buco, e voi dove eravate? dove eravate mentre io stavo con quella paura addosso, con tutti quei rumori che mi sembravano un lamento dentro a un sospiro, un fischio che mi grattava la testa e non finiva mai perché mi rimaneva dentro lo stomaco tutto il giorno, tutti i giorni e poi ancora, era un tempo che si dilatava in un silenzio che era un sospetto. voi cosa avete fatto? avete nascosto lo strutto, avete nascosto la farina, avete nascosto il vino e poi quando passavo dalle vostre parti chiudevate la porta, siete stati bravi, bravi, siete contenti adesso, adesso che è tutto finito, sarete contenti adesso che nessuno si ricorda quel che non avete fatto. quando vi domandavo una mano per mettere a posto la strada per arrivare al buco mi dicevate che ero matta, mi dicevate togliti dal cazzo brutta puttana. a me mi avete ammazzato voi prima che lo potessero fare i nazisti e i fascisti, voi mi avete ammazzato. ma ricordatevi che io ero e sono come l’edera e voi vi dovete vergognare per il resto della vostra vita. svergognati. La trasmissione integrale è disponibile sul nostro sito nella sezione podcast, in alternativa sulla piattaforma Spreaker, su Google Podcasts e Spotify. Speciale 25 aprile https://www.spreaker.com/user/nouvelleplague/radiogarofano-speciale-25-aprile-2021


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