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Immagine del redattoreNouvelle Plague Teatro

#dietrolospettacolo: Il Grande Complotto dei Camillas

Aggiornamento: 4 mag 2020

Il Popolo non distribuisce cattedre, scriveva Rousseau, e la Storia, sappiamo noi, celebra i vincitori, che spesso sono solo epigoni di combattivi ingegni operanti nell'ombra. Abbiamo presentato nell'intervento precedente il caso di Bruno Munari, le cui macchine ingegnose, se il mondo girasse giusto, potrebbero benissimo competere con le creazioni che oggi monitorano le nostre case, scandiscono il nostro lavoro e dei cui creatori tessiamo pubblicamente le lodi. Oggi vorrei continuare sulla stessa strada, presentandovi un altro gioiello, nascosto agli occhi del popolo globale per la sua carica eversiva: La macchina motivazionale. Inizierò narrandovi la storia della sua gestazione.





Il tutto ha inizio nel lontano 1911, presso le pianure di Aviano, quando venne inaugurata una modernissima base aeronautica del Regno italico. Fedele supporto alle missioni militari delle due guerre, dal 1954, mediante un accordo congiunto, ospita la United States Air Force e diventa a tutti gli effetti una base NATO. Negli anni settanta, dalle radioline dei militari anglofoni, in ricreazione tra un'atrocità e l'altra, si diffonde il suono dell'emergente musica punk, i cui echi giungono fino a Pordenone. Ed è proprio a Pordenone, sotto l'influenza sonora degli occupanti, che nasce nel 1980 il movimento situazionista, perlopiù musicale, chiamato The Great Complotto – rendendo la città friulana avamposto della musica punk e new wave italiana [1]. Pordenone non è Londra ma Londra non può essere Pordenone! Una semplice rivoluzione musicale dunque? Tutt'altro! L'operazione musicale è piuttosto un'arguta copertura volta a nascondere un progetto ben più ambizioso: costituire uno stato autonomo in seno all'ideologia lavorista del nordest. All'ombra dalle spie poliziesche si fonda la micronazione dello Stato di Naon, la cui legislazione risulta tutt'oggi sconosciuta persino ai grandi politologi. Prego di perdonarmi se per ragioni di sicurezza non possiamo dilungarci sulla questione... Posso aggiungere soltanto che è proprio grazie al MiMuN, il ministero musicale di Naon, che giungono fino a noi gruppi quali Prozac+ e Sick Tamburo, di cui, in questi giorni, abbiamo pianto la triste scomparsa della cantante e bassista Elisabetta Imelio.





Nel sottobosco di questa scena molesta sembra siano fioriti anche gli ingegni di Zagor e Ruben Camillas, la cui storia rimane tutt'ora difficilmente documentabile e persiste come uno dei grandi misteri del nostro paese [2]. I due friulani pare assorbano negli anni dell'adolescenza tutte le ipnotiche sonorità pordenonesi, e si narra abitino per un numero imprecisato di anni la nazione di Naon, rimanendo folgorati dalla sua proiezione futuristica. Allora, nello spirito dei più grandi rivoluzionari della storia, si decidono a diffondere l'esperienza anche altrove. Immergendosi in ricerche e pianificazioni, constatano che la natura liminale e meticcia di Pordenone era stata condizione essenziale per lo sviluppo delle forze rivoluzionarie di allora. Decidono così di piantare i semi della rivolta nella costa est di Pesaro, città fantasma all'estremo nord delle Marche, confinante con la Romagna - dove i dialetti si fanno imprecisi, disturbati, e conservano avidamente un coacervo di tutte le storpiature fonetiche vicine. Passati i primi mesi emulando le abitudini e l'idioma dei nativi, si impone il problema di trovare una sede, un luogo che possa incubare i futuri travolgimenti. Ecco che scelgono via Passeri, e Zagor Camillas, all'interno del Plastic, sotto le vesti d'un raffinato negoziante di dischi, gestisce la base di una vera e propria cellula terroristica che, senza ritegno, prenderà il nome di famiglia: I Camillas. È grazie al ritrovamento dell'originario statuto che possiamo risalire alla loro irriverente identità, essi si definiscono infatti «cultori della multiproduzione e dell'idea che la proprietà privata sia un abbaglio»[3]. Alcuni sussurrano per le strade che siano dei tuttoni... Noi, ci limitiamo solo a riportarlo.





Tra le numerose azioni del movimento, rimane impressa nella memoria la rivolta dello zuccherificio [4], di cui oggi sociologi e storici indagano analogie e differenze con i più scolastici moti del '48. Al fine di portare a termine quella conquista che già dagli anni del grande complotto si andava perseguendo, si presentò ai condottieri il dovere di armare i seguaci. È a tal fine che una spedizione diplomatica si trasforma in illuminazione! A Terni scoprono l'archeologia industriale, una pressa da dodici tonnellate [5] diventa ispirazione per un più leggero ma non meno efficacie dispositivo, la macchina motivazionale: strumento ad alta precisione mirante a moltiplicare le forze fisiche e spirituali dei congiurati, al fine di creare quel super-uomo che i più grandi inventori della storia e più moderni eserciti ancora non hanno ottenuto. Il macchinario si attiva in una sequenza d'impulsi ripetitivi (il suono risulta familiare a orecchio umano perché simile a un tipico incitamento italiano) che generano a cascata sonorità rocciose e, pizzicando le sinapsi del soggetto, riattivano i centri nervosi, istigando quindi all'azione qualunque individuo umano. Potete trovarne qui una simulazione, creata ad hoc per il Web:





È in questi tempi difficili che l'ingegno dei fratelli Camillas diventa per noi prezioso. Ci spingiamo quindi a consigliarvene l'utilizzo, contemporaneamente alle altrettanto preziose macchine di Munari, sempre con le dovute accortezze e consultando preventivamente il libretto delle istruzioni!


Per concludere la nostra storia, ricordiamo che oggi i congiurati hanno deciso di diffondere il verbo della rivolta anche oltre la mediocre circonferenza del globo, verso la conquista della galassia che abitiamo, e oltre! È Zagor ad essersi fatto carico in solitudine della missione impegnativa; dopo intensi allenamenti, anche lui è riuscito a gonfiarsi in un pallone blu [6]tecnica ascetica alla base dell'esoterica dottrina – raggiungendo un punto lontano e imprecisato del cosmo, forse in compagnia di Elisabetta; noi confidiamo, attendiamo si compia per mano sua anche l'agognata rivoluzione stellare. Intanto, coperti da altri nomi in codice, i restanti membri continuano a presidiare le roccaforti terrene, e a moltiplicarsi negli interstizi delle barriere di confine.


In attesa d'un loro segnale,

da Zion è tutto.


Corrado Cotrid'


noi non abbiamo più tessere, non esiste più un codice per riconoscerci

eee... e la navi attraversano, le montagne si lasciano, ma non lo dicono

sai tutto quello che immagino e mi racconti un miracolo che mi divertirà

sei un ricordo tra i brividi, una flotta di battiti che si allontanerà [...]








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